venerdì 28 luglio 2023

 

ATTILA AD ARZIGNANO

 


Demolizione del patrimonio vegetale sulle sponde e sul fondo del torrente Chiampo, operato con ruspe da operai del Genio Civile. 

Ciò avviene in  aperta violazione del manuale operativo per la manutenzione dei canali e corsi d’acqua, prodotto dall’accordo di collaborazione stipulato fra la Regione del Veneto e l’Azienda Regionale Veneto Agricoltura... (Art. 15 della legge n. 241 del 1990 e art. 23 della legge regionale n. 12 del 2009) di cui alla Delibera della Giunta Regionale n. 3759 del 9 dicembre 2009.

Sono state devastate le sponde del torrente, abbattuti numerosi alberi, asportata con le ruspe la vegetazione spondale. Ignobile sfregio alla nostra città, alla cittadinanza e alla natura del fiume.

Chi ha ordinato tale crimine ambientale va fermato e punito. Non possiamo lasciare nelle mani di persone che ignorano le stesse disposizioni decretate dalla Regione Veneto più di dieci anni fa  i nostri beni naturali e paesaggistici, la salute dei fiumi e dei canali, la bellezza della nostra terra.

Di seguito pubblichiamo le disposizioni in merito alle pulizie dei corsi d'acqua, che chi governa e gestisce la regione non conosce o finge di non conoscere:

Il manuale prevede “una gestione ambientale dei canali e dei corsi d’acqua (spesso denominata anche “riqualificazione ambientale”), secondo l’approccio che si è progressivamente consolidato negli anni. Operazione considerata nel manuale come un insieme di interventi e strategie  che, modificando anche in modo rilevante struttura e modalità di gestione della rete idrica, permette di  raggiungere obiettivi idraulici, strutturali, di qualità delle acque e paesaggistici, attraverso il miglioramento dell’ecosistema  dei canali e del territorio, integrando in questo modo le usuali pratiche dell’ingegneria civile-idraulica seguite dai Consorzi di bonifica (...) .

 Il termine gestione è quindi utilizzato nel testo secondo un’accezione ampia, a comprendere diverse tipologie di attività che  vanno dalla pianificazione- progettazione alla realizzazione degli interventi sino alle operazioni di manutenzione dei canali e dei progetti realizzati. 

   Con la gestione ambientale dei canali così intesa, le potenzialità ecologiche e  paesaggistiche della rete consortile hanno la possibilità di essere espresse pienamente.”



 
Il manuale descrive la grande utilità della vegetazione sul fondo dei corsi d’acqua e lungo le sponde

Le positive ricadute ambientali legate alla presenza di vegetazione  in alveo, lungo i canali, sono innumerevoli: la comunità vegetale acquatica fornisce ad esempio risorse alimentari, ambienti  di  rifugio e substrati a una ricca varietà di vertebrati e invertebrati e può permettere perciò al canale di ospitare un numero  elevato di specie e di sviluppare comunità animali e vegetali più stabili.

Le foglie e gli steli della vegetazione costituiscono inoltre un esteso substrato che favorisce la colonizzazione da  parte del perifiton, cioè dell’insieme di alghe, batteri, protozoi, detriti organici, particelle di carbonato di calcio che costituiscono un biofilm in grado di decomporre la sostanza organica presente nell’acqua, di assimilare i nutrienti e di  favorire la trasformazione dell’azoto nitrico disciolto in azoto gassoso: la presenza delle piante acquatiche all’interno  dell’alveo favorisce quindi la depurazione naturale delle acque e attenua così gli effetti dell’inquinamento in esse presente.

La  presenza di vegetazione acquatica al piede di sponda ha inoltre benefici effetti nei confronti del dissesto spondale e può  permettere di diminuire le necessità di ripresa frane e consolidamento spondale.”



 

Non ci dilunghiamo sulla utilità degli alberi cresciuti spontaneamente  a piè delle sponde per difendere i manufatti dalla violenza delle piene e utili nel rallentamento della corrente dei torrenti e dei canali  permettendo così  alle acque di sprofondare nelle sottostanti falde (in crisi per la siccità e per la velocità delle acque superficiali durante gli acquazzoni estivi).

 Non ci dilunghiamo sull’aspetto del paesaggio la cui difesa è sancita dalla nostra Costituzione e che nel caso del torrente  Chiampo in territorio arzignanese sta subendo un vergognoso scempio, con l'aggravante di essere operata all’interno di un parco.

 Nell’esporre una documentazione fotografica di quanto sta succedendo chiediamo l’immediata rimozione dal suo posto del dirigente che ha autorizzato tale operazione. Critichiamo duramente l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin per la tolleranza di azioni che danneggiano l’ambiente e mettono a rischio le comunità rivierasche.

Non è più accettabile l'ignoranza delle norme prodotte  dai migliori tecnici della stessa regione da parte di un pubblico ufficiale che dovrebbe farle applicare scrupolosamente  e che ha il dovere di curare e difendere l’ambiente, il paesaggio e la sicurezza dei cittadini.

 Siamo ormai al limite dell’incompetenza e della strafottenza  da parte di un maldestro governo regionale, avvezzo a devastare ambiente e natura perfino a Cortina D’Ampezzo, con colate di cemento, sbancamenti e altro.  

 

Giovanni Fazio


Qui le ruspe non sono ancora arrivate. Chi salverà quel che resta del torrente?

domenica 23 luglio 2023

CARNE COLTIVATA: approvato il divieto in Senato

 


Il Fatto alimentare propone una lettura che demistifica l'azione del Governo


  Il 19 Luglio il Senato ha approvato il disegno di legge che vieta quella che viene erroneamente chiamata ‘carne sintetica’ (il termine sintetico, in biologia, ha un significato specifico, che nulla ha a che vedere con la carne coltivata). La legge dovrà ora essere approvata alla Camera, ed è probabile che passi, vista la maggioranza e vista la compiacenza del Governo alle richieste di Coldiretti, decisa a combattere fino alla fine per preservare il sistema di allevamenti intensivi su cui si regge il ‘made in Italy’.

La situazione è del tutto surreale, per diversi motivi. Innanzitutto, si vieta qualcosa che non c’è, perché in Europa non ci sono ancora state approvazioni ufficiali. Quando poi l’Unione europea, , con ogni probabilità, arriverà a concedere autorizzazioni a prodotti a base di carne coltivata, come hanno già fatto Singapore, Israele e gli Stati Uniti, il divieto italiano non potrà impedirne l’importazione e la vendita. Non ci sono motivi, infatti, per pensare che non si arrivi anche in Europa a produrre carni coltivate, e la maggior parte dei governi, per cogliere le occasioni che una rivoluzione scientifica e tecnologica di questa portata può offrire e per fornire risposte adeguate alla crisi climatica, stanno investendo decine, quando non centinaia di milioni di euro per sostenere centri di ricerca, start up e aziende che stanno lavorando nel settore. Il colosso brasiliano della carne JBS sta costruendo proprio in Spagna il più grande stabilimento del mondo di produzione, mentre un altro è già pronto in Svizzera, e anche nel Regno Unito si sta realizzando un sito. I Paesi Bassi, volendo andare avanti anche prima del via libera europeo, ha varato una legge importante, che autorizza i panel di assaggio pubblici, per permettere ai cittadini di iniziare a familiarizzare con questo nuovo tipo di carne. In quasi tutti i Paesi europei si segnalano progetti di ricerca, sostegno alle start up, collaborazioni internazionali con un fermento mai visto prima. 


La legge italiana non potrà impedire l’importazione e la vendita di carne coltivata una volta che sarà approvata dall’Unione Europea

In questo scenario, il governo italiano ha scritto una legge che avrà un unico effetto paradossale, oltre a stroncare sul nascere investimenti, centri di ricerca universitari e start up come la Bruno Cell di Trento, sostenuta dalle autorità locali (nonostante il governo affermi di avere l’appoggio di regioni e comuni): far arrivare sulle tavole dei consumatori italiani desiderosi di mangiare carne che non proviene da allevamenti intensivi né da animali uccisi, esclusivamente prodotti realizzati all’estero, sui quali la ridicola legge italiana non avrà alcun potere. Un bel risultato, non c’è che dire, per lo sbandierato ‘made in Italy’.

Il governo ha basato il suo disegno di legge su informazioni distorte sulla pericolosità e l’impatto della carne coltivata

Ma c’è di più. Nelle parole del ministro Lollobrigida (Fratelli d’Italia) e di altri esponenti della maggioranza tra i quali il ministro Salvini e il sottosegretario Centinaio, entrambi leghisti, ci sono numerose affermazioni prive di alcun fondamento scientifico, tra le quali le più gravi, come ha ricordato di recente anche la Senatrice a vita Elena Cattaneo (docente ordinaria di farmacologia), sono quelle relative alla presunta ‘pericolosità’ delle cellule usate per la carne coltivata. Le cellule staminali si differenziano in cellule muscolari identiche a quelle di qualunque taglio di carne e sono dello stesso tipo di quelle utilizzate molteplici utilizzi medici. Non c’è alcun motivo per pensare che siano pericolose, essendo oltretutto coltivate in ambienti sterili e più che controllati. 

Infine, anche sugli impatti ambientali, le notizie che arrivano dal governo sono sistematicamente distorte: secondo gli studi più recenti, solo il consumo di elettricità è paragonabile (e comunque inferiore) a quello necessario per allevare polli, ma tutti gli altri indici di impatto ambientale (suolo, acqua, emissioni, liquami e così via) sono stabilmente attestati attorno a -80/90% rispetto agli allevamenti tradizionali. Per non parlare del benessere animale e della tutela della biodiversità. 

Nei giorni dell’annuncio di questa legge, la notizia ha fatto il giro del mondo, e non certo in senso positivo. Tutti i principali media internazionali e anche le riviste scientifiche hanno sottolineato l’assurdità di una posizione antistorica e immotivata, se si esclude la volontà di non scontentare lobby molto potenti. Ma tant’è.

D’altronde, da un governo che non perde occasione per strizzare l’occhio ai negazionisti e che, anche con una temperatura esterna superiore ai 43°C, urla che vuole combattere i ‘fanatici del clima’, che adotta docilmente qualunque posizione Coldiretti proponga (spesso facendo un ‘copia e incolla’ dei comunicati dell’associazione), ignorando totalmente gli aspetti scientifici ed etici delle complesse questioni che affronta, e afferma che prima di tutto c’è la difesa dello status quo, non ci si può aspettare nulla di diverso. L’Italia che ha in mente sarà assente dalle grandi sfide tecnologiche che riguardano la produzione di cibo per otto e presto dieci miliardi di esseri umani in un pianeta esausto. Le pianure e non solo continueranno a essere lastricate di allevamenti intensivi, in cui gli animali mangiano soia Ogm importata, e le cui carni, insufficienti a soddisfare il fabbisogno nazionale, sono affiancate da quelle importate da numerosi Paesi europei e non. E i suoi supermercati offriranno, anche, carne coltivata prodotta in Unione europea, con l’eccezione di quella di crostacei e cefalopodi, che potrà essere prodotta in Italia (visto che la legge vieta solo la carne coltivata di vertebrati). Ma il tanto sbandierato ‘made in Italy’ sarà salvo.

Articolo di Agnese Codignola


giovedì 6 luglio 2023

LE AZIENDE SAPEVANO TUTTO DA ANNI

 


Articolo pubblicato il 20 Giugno 2023 sul Fatto Quotidiano da Chiara Guzzonato

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono state sviluppate per la prima volta negli anni Quaranta del secolo scorso, ma fino alla fine degli anni Novanta i rischi sanitari ad esse connessi non furono conosciuti al pubblico. Alcune delle maggiori aziende produttrici dell'epoca, però, erano consapevoli dei pericoli già dai primi anni Sessanta: lo rivela uno studio pubblicato su Annals of Global Health, che lancia un pesante j'accuse a DuPont e 3M, ree di aver occultato per decenni i rischi sanitari delle PFAS.

60 ANNI DI PROVE. Era il 1961 quando il Canadian Medical Association Journal pubblicò un report in un cui denunciava che dei lavoratori delle industrie produttrici di PFAS si erano ammalati dopo aver fumato sigarette contaminate con il Teflon, e qualche tempo dopo si diffuse la notizia secondo la quale un membro dell'Air Force statunitense era addirittura deceduto dopo aver fumato una sigaretta contaminata: la DuPont e l'Air Force liquidarono le notizie come false, e l'autore del report fu costretto a ritrattare, sotto pressione dell'industria chimica e della stessa Air Force.

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Nel 1962 uno studio interno alla DuPont rivelò che il Teflon non era forse del tutto innocuo, e nel 1965 una ricerca esterna dimostrò che la sostanza era associata alla "febbre da fumi di polimeri", una malattia connessa all'inalazione del Teflon riscaldato a 300 °C.

Nel 1970 alcuni ricercatori della DuPont scoprirono che il C8 (un tipo di PFAS oggi noto come acido perfluoroottanoico, PFOA) poteva essere "altamente tossico se inalato e moderatamente tossico se ingerito", rivela il Time. Nel 1981 otto donne che lavoravano in una fabbrica della DuPont diedero alla luce bambini con diversi problemi – alcuni con difetti alla vista, altri con difetti ai dotti lacrimali, tra gli altri.

LE CONSEGUENZE SUGLI OPERAI. Studi interni a 3M e DuPont condotti negli anni '90 sugli umani avevano evidenziato che il C8 poteva aumentare il rischio di soffrire di cancro alla prostata, che il 61% dei 30 lavoratori testati aveva evidenziato un numero elevato di enzimi epatici a indicare un'infiammazione del fegato e che gli operai di entrambe le industrie avevano un elevato livello di fluoro nel sangue, segno della presenza delle PFAS.

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 NEGARE L'EVIDENZA. Quando, negli anni '90, i rischi delle PFAS divennero noti al pubblico, la DuPont e la 3M inizialmente negarono: «Secondo studi condotti dalla DuPont e dalla 3M Corporation, il C8 non ha effetti tossici o dannosi sulla salute umana nelle concentrazioni rilevate», rispondevano nel 1991 dopo che alcuni ricercatori avevano trovato PFAS nelle acque di falda.

E ancora, nel 2000: «La DuPont afferma di avere dati tossicologici ed epidemiologici a supporto del fatto che le linee guida per l'esposizione stabilite dalla DuPont stessa proteggono la salute umana».

«Questi documenti rappresentano una chiara prova di come l'industria chimica fosse a conoscenza dei danni delle PFAS e lo nascose alle autorità regolatorie e anche ai propri dipendenti», afferma Tracey Woodruff, una degli autori dello studio.

Lo scorso dicembre la 3M ha annunciato che entro la fine del 2025                 smetterà di produrre del tutto PFAS, mentre la DuPont dichiara di fare "uso limitato" di PFAS e di non utilizzare affatto PFOS o PFOA nello sviluppo dei propri prodotti.

 




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