Il Fatto alimentare propone una lettura che demistifica l'azione del Governo

Il 19 Luglio il Senato ha approvato il disegno di legge che vieta
quella che viene erroneamente chiamata ‘carne sintetica’ (il termine sintetico,
in biologia, ha un significato specifico, che nulla ha a che vedere con la
carne coltivata). La legge dovrà ora essere approvata alla Camera, ed è
probabile che passi, vista la maggioranza e vista la compiacenza del Governo
alle richieste di Coldiretti, decisa a combattere fino alla fine per preservare
il sistema di allevamenti intensivi su cui si regge il ‘made in Italy’.
La situazione è del tutto surreale, per diversi motivi.
Innanzitutto, si vieta qualcosa che non c’è, perché in Europa non ci sono
ancora state approvazioni ufficiali. Quando poi l’Unione europea, , con ogni
probabilità, arriverà a concedere autorizzazioni a prodotti a base di carne
coltivata, come hanno già fatto Singapore, Israele e gli Stati Uniti, il
divieto italiano non potrà impedirne l’importazione e la vendita. Non ci sono
motivi, infatti, per pensare che non si arrivi anche in Europa a produrre carni
coltivate, e la maggior parte dei governi, per cogliere le occasioni che una
rivoluzione scientifica e tecnologica di questa portata può offrire e per
fornire risposte adeguate alla crisi climatica, stanno investendo decine,
quando non centinaia di milioni di euro per sostenere centri di ricerca, start
up e aziende che stanno lavorando nel settore. Il colosso brasiliano della
carne JBS sta costruendo proprio in Spagna il più grande stabilimento del mondo
di produzione, mentre un altro è già pronto in Svizzera, e anche nel Regno
Unito si sta realizzando un sito. I Paesi Bassi, volendo andare avanti anche
prima del via libera europeo, ha varato una legge importante, che autorizza i
panel di assaggio pubblici, per permettere ai cittadini di iniziare a
familiarizzare con questo nuovo tipo di carne. In quasi tutti i Paesi europei
si segnalano progetti di ricerca, sostegno alle start up, collaborazioni
internazionali con un fermento mai visto prima.
La legge italiana non potrà impedire l’importazione e
la vendita di carne coltivata una volta che sarà approvata dall’Unione Europea
In questo scenario, il governo italiano ha scritto una legge che
avrà un unico effetto paradossale, oltre a stroncare sul nascere investimenti,
centri di ricerca universitari e start up come la Bruno Cell di Trento, sostenuta dalle
autorità locali (nonostante il governo affermi di avere l’appoggio di regioni e
comuni): far arrivare sulle tavole dei consumatori italiani desiderosi di
mangiare carne che non proviene da allevamenti intensivi né da animali uccisi,
esclusivamente prodotti realizzati all’estero, sui quali la ridicola legge
italiana non avrà alcun potere. Un bel risultato, non c’è che dire, per lo
sbandierato ‘made in Italy’.
Il governo ha basato il suo disegno di legge su informazioni distorte sulla pericolosità e l’impatto della carne coltivata
Ma c’è di più. Nelle parole del ministro Lollobrigida (Fratelli
d’Italia) e di altri esponenti della maggioranza tra i quali il ministro
Salvini e il sottosegretario Centinaio, entrambi leghisti, ci sono numerose
affermazioni prive di alcun fondamento scientifico, tra le quali le più gravi,
come ha ricordato di recente anche la Senatrice a vita Elena Cattaneo (docente
ordinaria di farmacologia), sono quelle relative alla presunta ‘pericolosità’
delle cellule usate per la carne coltivata. Le cellule staminali si differenziano
in cellule muscolari identiche a quelle di qualunque taglio di carne e sono
dello stesso tipo di quelle utilizzate molteplici utilizzi medici. Non c’è
alcun motivo per pensare che siano pericolose, essendo oltretutto coltivate in
ambienti sterili e più che controllati.
Infine, anche sugli impatti ambientali, le notizie che arrivano dal governo sono sistematicamente distorte: secondo gli studi più recenti, solo il consumo di elettricità è paragonabile (e comunque inferiore) a quello necessario per allevare polli, ma tutti gli altri indici di impatto ambientale (suolo, acqua, emissioni, liquami e così via) sono stabilmente attestati attorno a -80/90% rispetto agli allevamenti tradizionali. Per non parlare del benessere animale e della tutela della biodiversità.
Nei giorni dell’annuncio di questa legge, la notizia ha
fatto il giro del mondo, e non certo in senso positivo. Tutti i principali
media internazionali e anche le riviste scientifiche hanno sottolineato
l’assurdità di una posizione antistorica e immotivata, se si esclude la volontà
di non scontentare lobby molto potenti. Ma tant’è.
D’altronde, da un governo che non perde occasione per strizzare
l’occhio ai negazionisti e che, anche con una temperatura esterna
superiore ai 43°C, urla che vuole combattere i ‘fanatici del clima’, che adotta
docilmente qualunque posizione Coldiretti proponga (spesso facendo un ‘copia e
incolla’ dei comunicati dell’associazione), ignorando totalmente gli aspetti
scientifici ed etici delle complesse questioni che affronta, e afferma che
prima di tutto c’è la difesa dello status quo, non ci si può aspettare
nulla di diverso. L’Italia che ha in mente sarà assente dalle grandi sfide
tecnologiche che riguardano la produzione di cibo per otto e presto dieci
miliardi di esseri umani in un pianeta esausto. Le pianure e non solo
continueranno a essere lastricate di allevamenti intensivi, in cui gli animali
mangiano soia Ogm importata, e le cui carni, insufficienti a soddisfare il
fabbisogno nazionale, sono affiancate da quelle importate da numerosi Paesi
europei e non. E i suoi supermercati offriranno, anche, carne coltivata
prodotta in Unione europea, con l’eccezione di quella di crostacei e
cefalopodi, che potrà essere prodotta in Italia (visto che la legge vieta solo
la carne coltivata di vertebrati). Ma il tanto sbandierato ‘made in Italy’ sarà
salvo.
Articolo di Agnese Codignola